Secondo una brillante ricerca dell’”Economist Intelligence Unit” realizzata nel 2012 (e prima quindi del lancio del mega-progetto Jing-Jin-Ji), le megalopoli cinesi protagoniste di una rapida crescita entro il 2020 sarebbero state ben 13. Lucio Valerio Barbera e Anna Irene Del Monaco invece, nel numero di Mondo Cinese dal titolo “Le città proibite” pubblicato nel marzo 2014, parlano di “macro-regioni” e di “cluster urbani”. Prendendo in considerazione il “Nuovo piano di urbanizzazione” promosso dal Governo cinese, descrivono la situazione delle megalopoli cinesi come fluida, caratterizzata da città che “vivono, si trasformano, crescono in un territorio molto vario”, che si sviluppa a livello di continente, vista la grandezza dello Stato cinese. Come per molti temi che si affrontano quando si tratta di Cina, anche per le megalopoli secondo i due autori è importante il concetto di “più Cine”, da utilizzare in concomitanza con il termine di “”arcipelago”: la Repubblica popolare è composta da aree di sviluppo molto diverse tra loro, tanto da paragonarle a isole, che però fanno parte dello stesso insieme e vengono giudicate nel loro complesso.
Per l’Economist le megalopoli cinesi entro il 2020 saranno 13: Chang-Zhu-Tan (rappresentata da Changsha, Zhuzhou e Xiangtan), Chengdu, Chongqing, la Greater Beijing, la Greater Shanghai, la Greater Xi’an, la Greater Zhengzhou, la Greater Guangzhou, il cerchio economico dell’Hefei, la penisola dello Shandong, la Greater Shenyang, Shenzhen e Wuhan. Una visione che tende quindi a separare realtà vicine come quella di Guangzhou e Shenzhen, Chongqing e Chengdu, e che vede quattro megalopoli (i dati sono relativi a stime compiute nel 2012) risaltare rispetto alle altre per quando riguarda il proprio PIL. La Greater Beijing, la Greater Shanghai, la penisola dello Shandong e la Greater Guangzhou (come evidenziato dal grafico) sono quelle con il prodotto interno lordo maggiore, seguite a non troppa distanza da Shenzhen.
Barbera e Del Monaco invece tengono in considerazione il lavoro di William Skinner, della Stanford University, e la ricerca compiuta dalla National Development and Reform Commission sulle “Metropolitan Regions of China”, per giungere alla conclusione che le “macro-regioni metropolitane” principali cinesi siano 11: il Delta del fiume Yangtze, il Delta del fiume delle perle, Jingjinji, Chengyu (che comprende Chengdu, Chongqing e altre metropoli), la penisola dello Shangdong, la parte centro-meridionale del Liaoning (comprendente Shenyang e Dalian), la “pianura centrale”, o Zhongyuan, la valle centrale del fiume Yangtze, la costa occidentale che si posiziona di fronte allo stretto di Taiwan, il Guangzhong (comprendente Xi’an) e Taiwan stessa. Confrontando quindi lo sviluppo urbano con le regioni storiche cinesi, i due autori affermano che il “Nuovo piano di Urbanizzazione”, fortemente voluto dal Premier Li Keqiang, punterà al riequilibrio territoriale, attraverso il ripristino e il rafforzamento di un pieno funzionamento delle macro-regioni storiche cinesi.
Esistono quindi diverse visioni riguardo al numero e alla composizione delle attuali megalopoli o “macro-regioni metropolitane” cinesi. Ma un dato è certo: dal 1949, anno della fondazione della Repubblica popolare cinesi, il tasso di urbanizzazione è cresciuto a un ritmo impressionante. Nel 2011, per la prima volta nella storia, si è assistito al sorpasso della popolazione urbana su quella rurale. Il ventunesimo secolo potrebbe quindi non solo essere solo il “Secolo cinese”, ma anche il “Secolo delle città cinesi”, protagoniste, grazie al loro sviluppo, dei nuovi traguardi in ambito economico, tecnologico e infrastrutturale raggiunti da una Cina in ascesa.
Articolo scritto per Vivereliquido.it